JohnBOCK
Sweet Sub-NOTHING-Spores
Gió Marconi, Milan
14.02.–21.03.2014
Sweet Sub-NOTHING-Spores
Gió Marconi, Milan
14.02.–21.03.2014
1/13
John Bock
Untitled, 2014
Plexiglass and metal vitrine
Flicker light behind curtain, bean
Vitrine: 191 x 191 x 91 cm
Untitled, 2014
Plexiglass and metal vitrine
Flicker light behind curtain, bean
Vitrine: 191 x 191 x 91 cm
IT
John Bock
Sub-NOTHING-Spores
Inaugurazione: giovedì 13 febbraio 2014 dalle 19 alle 21
14 febbraio - 21 marzo 2014
martedì - sabato; 11-19
Gió Marconi ha il piacere di annunciare sweet Sub-NOTHING-Spores, nuova mostra dell’artista tedesco John Bock.
Per la sua quarta personale da Gió Marconi l’artista trasformerà la galleria nel suo mondo eccentrico e surreale, un teatro dell’assurdo dove nessuna regola o logica sembra potersi applicare.
Nato nel 1965 a Gribbohm in Germania, John Bock diventa famoso a metà degli anni ’90 per le sue performance, le cosiddette “Lectures” e per le sue installazioni, stravaganti assemblaggi di oggetti quotidiani.
Le sue prime “Lectures”, una via di mezzo tra una performance e una lezione accademica, vertevano su temi economici (l’artista infatti ha studiato economia e arte all’Università di Amburgo) uniti successivamente ad argomenti più vicini al mondo dell’arte. Una sorta di parodia del mondo intellettuale che culminava in assurdi dialoghi con il pubblico, protagonista attivo in tutti i suoi lavori. Molti di questi testi sono poi stati pubblicati ma leggerli al di fuori della performance non ha senso così come apparentemente non hanno senso i titoli delle sue opere che derivano spesso dalla giustapposizione o dalla ripetizione di parole reali, riflettendo così la natura ibrida e multiforme del suo lavoro.
Nelle sue performance l’artista riprende elementi del cabaret, del vaudeville, delle commedie slapstick e del teatro. Assume pose grottesche, compie movimenti esagerati, indossa costumi colorati e protesi bizzarre e combina gli oggetti più disparati con ogni tipo di liquido in modo fantasioso e irriverente. Questi assurdi assemblaggi diventano poi parte della mostra, trasformando lo spazio espositivo in un caleidoscopio di colori, suoni ed immagini.
La sua opera sfugge ad ogni possibile classificazione, qualsiasi categoria per descriverla diventa riduttiva: performance, teatro, video, installazione, scultura si mescolano a discipline e linguaggi diversi come la filosofia, l’economia, la musica, la moda e a frammenti di vita quotidiana in una fusione originale che non sembra mai essere completa. Bock, attraverso questo personalissimo collage, supera e reinventa i tradizionali confini della storia dell’arte.
Per la sua personale da Giò Marconi l’artista presenta un film, diverse installazioni e una scultura.
Nel film in mostra “Above the point of the glowing silence”, presentato per la prima volta alla Biennale di Venezia del 2013, una Musa danzante racconta a un baco brevi storie sull’amore, sulla morte, sulla follia e su mondi paralleli in una “Casa-Segmento”. La Musa poi si perde nel labirinto di Venezia e inizia a modellare materiali morbidi sui muri delle case.
Negli ultimi dieci anni Bock infatti si è sempre più dedicato al video, il cui linguaggio visivo è molto vicino a quello delle sue performance. I suoi film sono una sorta di lente di ingrandimento sulla realtà, di cui esplora i dettagli più nascosti. Bock parte dalla vita quotidiana e si sofferma sugli aspetti più assurdi, facendo entrare lo spettatore in un microcosmo colorato fatto di spazi ribaltati, sostanze e oggetti dalle forme mai viste che si trasformano in personaggi, animali dai tratti umani e viceversa, un mondo dove tutto è dissociato e collegato al tempo stesso, dove ogni sicurezza è abbandonata, tanto che l’artista stesso definisce i suoi film “assurde commedie dark”.
La scultura che viene presentata ha come soggetto dei contadini e si ispira allo stile dello scultore tedesco Ernest Barlach. Viene ripreso il rilievo tridimensionale caratteristico di Barlach, ma completamente rivisto e ripensato da Bock.
C’è poi un’installazione composta da quattro teche. In una di queste, alta tre metri, sono visibili in basso delle scarpe sulla cui suola è appiccicata una cicca. Un’altra contiene una tenda, dietro la quale una sorgente luminosa emette fasci di luce ritmica senza motivo. Nella terza teca è appesa in verticale una catena di biglie sulla quale si arrampica dello sterco di coniglio. La quarta invece contiene un meccanismo che può essere azionato a mano dall’esterno e che mostra un ciuffo di capelli che accarezza un bullone e un’unghia che dà dei colpetti ad una tavoletta. Questa teca è appoggiata ad una rastrelliera a cui sono appese due foto della Musa che recita nel film “Above the point of the glowing silence”.
A prima vista le installazioni di Bock, come le sue performance, possono apparire senza senso, caotiche, prive di logica, ma in realtà il suo lavoro è sempre molto lucido e rigoroso, volto ad analizzare lo stato attuale della società occidentale e spesso guidato da allusioni autobiografiche.
Elemento principale della mostra è l’installazione “Ait-il se terme”, realizzata con materiale di una performance precedente. Il video della performance accompagna l’installazione.
L’artista presenta inoltre tavole di testo, dove le parole, frasi tratte da azioni o film, sono ripetute, tagliate, incollate, scambiate, modificate, frammentate e riscritte in modo fastidioso.
Bock non cerca la logica narrativa, la chiarezza, ma la confusione, vuole disorientare lo spettatore, sfidandolo con ironia a comprendere e superare gli ostacoli della vita. L’artista infatti descrive la vita come un gioco d’avventura che l’essere umano può solo iniziare a comprendere.
John Bock è nato a Gribbohm in Germania nel 1965. Ha studiato presso l’Hochschüle für bildende Künste ad Amburgo, Germania. Attualmente vive e lavora a Berlino.
Sub-NOTHING-Spores
Inaugurazione: giovedì 13 febbraio 2014 dalle 19 alle 21
14 febbraio - 21 marzo 2014
martedì - sabato; 11-19
Gió Marconi ha il piacere di annunciare sweet Sub-NOTHING-Spores, nuova mostra dell’artista tedesco John Bock.
Per la sua quarta personale da Gió Marconi l’artista trasformerà la galleria nel suo mondo eccentrico e surreale, un teatro dell’assurdo dove nessuna regola o logica sembra potersi applicare.
Nato nel 1965 a Gribbohm in Germania, John Bock diventa famoso a metà degli anni ’90 per le sue performance, le cosiddette “Lectures” e per le sue installazioni, stravaganti assemblaggi di oggetti quotidiani.
Le sue prime “Lectures”, una via di mezzo tra una performance e una lezione accademica, vertevano su temi economici (l’artista infatti ha studiato economia e arte all’Università di Amburgo) uniti successivamente ad argomenti più vicini al mondo dell’arte. Una sorta di parodia del mondo intellettuale che culminava in assurdi dialoghi con il pubblico, protagonista attivo in tutti i suoi lavori. Molti di questi testi sono poi stati pubblicati ma leggerli al di fuori della performance non ha senso così come apparentemente non hanno senso i titoli delle sue opere che derivano spesso dalla giustapposizione o dalla ripetizione di parole reali, riflettendo così la natura ibrida e multiforme del suo lavoro.
Nelle sue performance l’artista riprende elementi del cabaret, del vaudeville, delle commedie slapstick e del teatro. Assume pose grottesche, compie movimenti esagerati, indossa costumi colorati e protesi bizzarre e combina gli oggetti più disparati con ogni tipo di liquido in modo fantasioso e irriverente. Questi assurdi assemblaggi diventano poi parte della mostra, trasformando lo spazio espositivo in un caleidoscopio di colori, suoni ed immagini.
La sua opera sfugge ad ogni possibile classificazione, qualsiasi categoria per descriverla diventa riduttiva: performance, teatro, video, installazione, scultura si mescolano a discipline e linguaggi diversi come la filosofia, l’economia, la musica, la moda e a frammenti di vita quotidiana in una fusione originale che non sembra mai essere completa. Bock, attraverso questo personalissimo collage, supera e reinventa i tradizionali confini della storia dell’arte.
Per la sua personale da Giò Marconi l’artista presenta un film, diverse installazioni e una scultura.
Nel film in mostra “Above the point of the glowing silence”, presentato per la prima volta alla Biennale di Venezia del 2013, una Musa danzante racconta a un baco brevi storie sull’amore, sulla morte, sulla follia e su mondi paralleli in una “Casa-Segmento”. La Musa poi si perde nel labirinto di Venezia e inizia a modellare materiali morbidi sui muri delle case.
Negli ultimi dieci anni Bock infatti si è sempre più dedicato al video, il cui linguaggio visivo è molto vicino a quello delle sue performance. I suoi film sono una sorta di lente di ingrandimento sulla realtà, di cui esplora i dettagli più nascosti. Bock parte dalla vita quotidiana e si sofferma sugli aspetti più assurdi, facendo entrare lo spettatore in un microcosmo colorato fatto di spazi ribaltati, sostanze e oggetti dalle forme mai viste che si trasformano in personaggi, animali dai tratti umani e viceversa, un mondo dove tutto è dissociato e collegato al tempo stesso, dove ogni sicurezza è abbandonata, tanto che l’artista stesso definisce i suoi film “assurde commedie dark”.
La scultura che viene presentata ha come soggetto dei contadini e si ispira allo stile dello scultore tedesco Ernest Barlach. Viene ripreso il rilievo tridimensionale caratteristico di Barlach, ma completamente rivisto e ripensato da Bock.
C’è poi un’installazione composta da quattro teche. In una di queste, alta tre metri, sono visibili in basso delle scarpe sulla cui suola è appiccicata una cicca. Un’altra contiene una tenda, dietro la quale una sorgente luminosa emette fasci di luce ritmica senza motivo. Nella terza teca è appesa in verticale una catena di biglie sulla quale si arrampica dello sterco di coniglio. La quarta invece contiene un meccanismo che può essere azionato a mano dall’esterno e che mostra un ciuffo di capelli che accarezza un bullone e un’unghia che dà dei colpetti ad una tavoletta. Questa teca è appoggiata ad una rastrelliera a cui sono appese due foto della Musa che recita nel film “Above the point of the glowing silence”.
A prima vista le installazioni di Bock, come le sue performance, possono apparire senza senso, caotiche, prive di logica, ma in realtà il suo lavoro è sempre molto lucido e rigoroso, volto ad analizzare lo stato attuale della società occidentale e spesso guidato da allusioni autobiografiche.
Elemento principale della mostra è l’installazione “Ait-il se terme”, realizzata con materiale di una performance precedente. Il video della performance accompagna l’installazione.
L’artista presenta inoltre tavole di testo, dove le parole, frasi tratte da azioni o film, sono ripetute, tagliate, incollate, scambiate, modificate, frammentate e riscritte in modo fastidioso.
Bock non cerca la logica narrativa, la chiarezza, ma la confusione, vuole disorientare lo spettatore, sfidandolo con ironia a comprendere e superare gli ostacoli della vita. L’artista infatti descrive la vita come un gioco d’avventura che l’essere umano può solo iniziare a comprendere.
John Bock è nato a Gribbohm in Germania nel 1965. Ha studiato presso l’Hochschüle für bildende Künste ad Amburgo, Germania. Attualmente vive e lavora a Berlino.
EN
John Bock
Sub-NOTHING-Spores
Opening Thursday, February 13 2014, 7pm-9 PM
February 14 - March 21, 2014
From Tuesday to Saturday; 11am-7pm
Gió Marconi is very pleased to announce sweet Sub-NOTHING-Spores a new exhibition by German artist John Bock.
For his fourth solo show at Gió Marconi the artist will transform the gallery into his own eccentric and surreal world, a theatre of the absurd where no traditional rules or logic seem to apply.
Born in 1965 in Gribbohm, Germany, Bock found fame in the mid 1990s for his performances, the so-call “Lectures” and for his installations, extravagant assemblages of everyday objects.
His early “Lectures”, a cross between a performance and an academic lesson, focused on economic themes (the artist had in fact studied economics and art at the University in Hamburg) and were subsequently combined with topics that were closer to the world of art - a sort of parody of the intellectual world that culminated in absurd dialogues with audiences that were always directly involved. Many of these texts have been published, but to read them outside of the context of the performances makes little sense, just as those titles of his works that often derive from the juxtaposition or the repetition of real words apparently make no sense, in this way reflecting the hybrid and many-sided form of his work.
During his performances the artist utilizes a mixture of elements from cabaret, vaudeville, slapstick comedies and from theatre. He assumes grotesque poses, makes exaggerated movements, wears colourful costumes and extravagant protuberances and he combines the most disparate objects with every type of liquid in an imaginative and irreverent way. These absurdist and theatrical assemblages then become part of the exhibition, transforming the space into a kaleidoscope of colours, sounds and images.
His work is impossible to classify and any category used to describe it would be restrictive: performance, theatre, video, installation, sculpture intermingle with disciplines and languages such as philosophy, economics, music, fashion and fragments of daily life in an original fusion that never appears complete. It is through this very personal collage that Bock goes beyond and reinvents the boundaries of traditional art.
For his solo exhibition at Giò Marconi the artist presents a film, various installations and a sculpture.
The exhibition features the film “Above the point of the glowing silence”, first presented at the Venice Biennial in 2013. The film shows a dancing Muse telling short-stories on love, death, madness and para-worlds to a maggot in a “segment-house”. Then the muse gets lost in the maze of Venice and models soft masses on the house walls.
In the last ten years indeed Bock has devoted his time increasingly to video, the visual language of which is very close to that of his performances. His films are a sort of magnifying glass on reality, exploring its most hidden details. Bock starts off with everyday life and dwells on the most absurd aspects, allowing the spectator to enter a coloured microcosm made up of overturned spaces, substances and objects with unseen shapes that become animated characters, animals with human features and vice versa. A world where everything is dissociated yet combined at the same time, where every certainty is abandoned, so much so in fact that the artist defines his films as "absurdly dark comedies".
On display a peasant sculpture inspired by the sculptural style of Ernst Barlach. The relief-like, three-dimensional style of Barlach is taken up in the peasant sculpture. The sculptural terms of Barlach are re-thought and scribbled by Bock.
Then there is an installation made up of four display cases. Shoes are visible from below a three-meters high display case. A piece of chewing gum, pressed flat, can be seen on the sole of the shoe. Another display case contains a curtain, from behind which a light source emits unmotivated rhythms of light. In the third case a ball chain hangs vertically along with rabbit droppings. Finally, the fourth display case features a mechanism, which can be operated by hand from the outside showing how a tuft of hair strokes the nut and how a finger nail taps on a tablet. This display case is docked to a rack. Two pictures of the Muse, acting in the film “Above the point of the glowing silence”, hang above the rack.
At first sight his installations and his performances may appear nonsensical, chaotic and without logic, but in reality his work is always very lucid and meticulous, commenting on the current state of the western society and driven often by autobiographical allusions.
The installation “Ait-il se terme" constitutes the centerpiece of the exhibition. It results from a performance formerly done. The action, which took place as part of the installation is shown here as a video.
Furthermore, text panels are shown. In the text panels, words and phrases on actions and films are cut, collaged, mutated, unwritten and repeated annoyingly. They are fragmented, rearranged and written again.
Bock does not seek narrative logic or clarity, but confusion; he wants to disorientate the spectator, challenging him or her with irony to understand and overcome life's obstacles. The artist indeed describes life as a game of adventure that human beings can only begin to understand.
John Bock is born in Gribbohm, Germany in 1965. He studied at the Hochschüle für bildende Künste, Hamburg, Germany. He currently lives and works in Berlin.
Sub-NOTHING-Spores
Opening Thursday, February 13 2014, 7pm-9 PM
February 14 - March 21, 2014
From Tuesday to Saturday; 11am-7pm
Gió Marconi is very pleased to announce sweet Sub-NOTHING-Spores a new exhibition by German artist John Bock.
For his fourth solo show at Gió Marconi the artist will transform the gallery into his own eccentric and surreal world, a theatre of the absurd where no traditional rules or logic seem to apply.
Born in 1965 in Gribbohm, Germany, Bock found fame in the mid 1990s for his performances, the so-call “Lectures” and for his installations, extravagant assemblages of everyday objects.
His early “Lectures”, a cross between a performance and an academic lesson, focused on economic themes (the artist had in fact studied economics and art at the University in Hamburg) and were subsequently combined with topics that were closer to the world of art - a sort of parody of the intellectual world that culminated in absurd dialogues with audiences that were always directly involved. Many of these texts have been published, but to read them outside of the context of the performances makes little sense, just as those titles of his works that often derive from the juxtaposition or the repetition of real words apparently make no sense, in this way reflecting the hybrid and many-sided form of his work.
During his performances the artist utilizes a mixture of elements from cabaret, vaudeville, slapstick comedies and from theatre. He assumes grotesque poses, makes exaggerated movements, wears colourful costumes and extravagant protuberances and he combines the most disparate objects with every type of liquid in an imaginative and irreverent way. These absurdist and theatrical assemblages then become part of the exhibition, transforming the space into a kaleidoscope of colours, sounds and images.
His work is impossible to classify and any category used to describe it would be restrictive: performance, theatre, video, installation, sculpture intermingle with disciplines and languages such as philosophy, economics, music, fashion and fragments of daily life in an original fusion that never appears complete. It is through this very personal collage that Bock goes beyond and reinvents the boundaries of traditional art.
For his solo exhibition at Giò Marconi the artist presents a film, various installations and a sculpture.
The exhibition features the film “Above the point of the glowing silence”, first presented at the Venice Biennial in 2013. The film shows a dancing Muse telling short-stories on love, death, madness and para-worlds to a maggot in a “segment-house”. Then the muse gets lost in the maze of Venice and models soft masses on the house walls.
In the last ten years indeed Bock has devoted his time increasingly to video, the visual language of which is very close to that of his performances. His films are a sort of magnifying glass on reality, exploring its most hidden details. Bock starts off with everyday life and dwells on the most absurd aspects, allowing the spectator to enter a coloured microcosm made up of overturned spaces, substances and objects with unseen shapes that become animated characters, animals with human features and vice versa. A world where everything is dissociated yet combined at the same time, where every certainty is abandoned, so much so in fact that the artist defines his films as "absurdly dark comedies".
On display a peasant sculpture inspired by the sculptural style of Ernst Barlach. The relief-like, three-dimensional style of Barlach is taken up in the peasant sculpture. The sculptural terms of Barlach are re-thought and scribbled by Bock.
Then there is an installation made up of four display cases. Shoes are visible from below a three-meters high display case. A piece of chewing gum, pressed flat, can be seen on the sole of the shoe. Another display case contains a curtain, from behind which a light source emits unmotivated rhythms of light. In the third case a ball chain hangs vertically along with rabbit droppings. Finally, the fourth display case features a mechanism, which can be operated by hand from the outside showing how a tuft of hair strokes the nut and how a finger nail taps on a tablet. This display case is docked to a rack. Two pictures of the Muse, acting in the film “Above the point of the glowing silence”, hang above the rack.
At first sight his installations and his performances may appear nonsensical, chaotic and without logic, but in reality his work is always very lucid and meticulous, commenting on the current state of the western society and driven often by autobiographical allusions.
The installation “Ait-il se terme" constitutes the centerpiece of the exhibition. It results from a performance formerly done. The action, which took place as part of the installation is shown here as a video.
Furthermore, text panels are shown. In the text panels, words and phrases on actions and films are cut, collaged, mutated, unwritten and repeated annoyingly. They are fragmented, rearranged and written again.
Bock does not seek narrative logic or clarity, but confusion; he wants to disorientate the spectator, challenging him or her with irony to understand and overcome life's obstacles. The artist indeed describes life as a game of adventure that human beings can only begin to understand.
John Bock is born in Gribbohm, Germany in 1965. He studied at the Hochschüle für bildende Künste, Hamburg, Germany. He currently lives and works in Berlin.