CatherineSULLIVAN
Ice Floes of Franz Joseph Land
Gió Marconi, Milan
06.05.–16.07.2004
IT Catherine Sullivan
Ice Floes of Franz Joseph Land

Inaugurazione: mercoledì 5 maggio 2004
6 maggio - 16 giugno 2004
martedì - sabato, 11-19



Ice Floes of Franz Joseph Land di Catherine Sullivan, video presentato in anteprima all’ultima Biennale di Lione e di recente anche alla Whitney Biennale, è esposto per la prima volta in una galleria privata unitamente a 41 fotografie che la Sullivan ha realizzato traendo ispirazione dal video.

La storia prende spunto dall’assalto di un commando suicida di terroristi ceceni con cinture imbottite di esplosivo nel teatro Dubrovka di Mosca nel’ottobre del 2002 dove furono sequestrati tutti i presenti in sala, più di 700 persone, e finito dopo 56 ore con un fulmineo e sanguinoso blitz delle teste di cuoio russe che neutralizzarono i guerriglieri ceceni assaltando l’edificio e riempiendolo di gas attraverso i sistemi di areazione e i sotterranei.
Nel video la Sullivan riprende la pièce in scena al momento dell’assalto, il musical Nord Ost, tratto da una novella classica russa Two Captains. Ambientata sullo sfondo di eventi storici come la Rivoluzione Bolscevica e la Seconda Guerra Mondiale, la novella parla di una storia di amore e di avventura, protagonista una spedizione dispersa nell’Artico russo; una novella patriottica con un inconsapevole rimando all’espansione russa, in termini di progresso: simbolicamente un musical assai importante per i Ceceni.
Formalmente la novella si componeva di dieci parti da cui la Sullivan ha ricavato all’incirca cinquanta rudimentali pantomime che ciascun attore ha imparato, indipendentemente dal personaggio a cui l’azione apparteneva: il suo intento era creare un sistema di impulsi a rappresentazione della realtà che in genere si può trovare in un musical senza doverne necessariamente creare uno.
Determinante è stato per la Sullivan girare Ice Floes of Franz Joseph Land negli interni della Associazione Americana dei Veterani dell’Esercito a Chicago, una specie di sala multifunzione affiancata da stanze usate dalla comunità polacco-americana per discutere ed organizzare eventi di carattere sociale. All’interno imponenti decorazioni nazionalistiche, fotografie e ritratti di militari, ed autentici capolavori di artisti locali polacchi insidiati a Chicago.
Ciò che si vede è una serie di quaranta archetipi tratti dalla novella così come le molteplici apparizioni di Sanya e Katya che sono recitate per tutto il tempo. Ad esempio, il ruolo di Katya, giovane e sofisticata geologa che a Leningrado scava trincee, che è affamata dopo l’assedio, viene recitato da diverse attrici e con diversi costumi e a volte tutto in una stessa scena.
C’è anche un gruppo di “insorti”, ma essi non rappresentano un’ideologia facilmente identificabile, agiscono attraverso dei codici che sono incompatibili con quelli iconografici, quindi altamente descrittivi, di Two Captains.
Le pantomime sono state sia combinate in grandi scene d’insieme sia spezzate in scene individuali più brevi e dunque recitate da un capo all’altra della scena.
La storia inizia con l’evento di Mosca ma è tutto un pretesto, il discorso è più ampio e specifico, lo scopo è di arrivare ad una discussione su regime, indipendenza, brutalità.
La strage dei Ceceni è un evento che ha sconvolto la Sullivan in quanto brutale esempio di realtà a confronto con gli ideali, dove il terrorismo è camuffato da sistema di combattimento per il raggiungimento di ideali che i Ceceni “sposano” per sostenere le loro richieste politiche e colpire la classe dominante ossia la classe moscovita. Il set racconta gli storici eventi sia da un punto di vista nazionalistico che idealistico, ma si tratta di un memoriale di guerra e quindi le numerose scene di morte in qualche modo, stranamente, sovvertono, turbano violentemente la grandezza eroica.

Tutta la scena si svolge su cinque schermi. Su quello più grande si trova l’interpretazione più didattica della storia tratta da Two Captains. Sugli altri 4 più piccoli scorrono degli approfondimenti della scena comparsa sullo schermo grande, delle immagini che focalizzano su particolari situazioni e diverse locations, quasi a suggerire che da questo momento la semplice storia narrata fa il suo ingresso nella scena teatrale, si sviluppa, si arricchisce, cambia volto. Le già citate 50 pantomime si ripetono via via ed ogni volta in un diverso contesto, attraverso un cambiamento di set, attore e personaggio. Alla fine tutto si sposta all’esterno, il contesto non è più lo stesso, teatrale, ma un campo di grano, o l’esterno di un nightclub abbandonato vicino a Chicago chiamato Moscow Night. Il tutto si svolge sullo schermo più grande in 40 minuti circa, sugli altri in 20 minuti.
Di Ice Floes of Franz Joseph Land è stata presentata una performance il 2 aprile a Chicago presso la Polish Army Veterans’s Association ed il 10 aprile a New York presso l’Angel Orensanz Center.

In Tis a Pity She’s a Fluxus Whore la Sullivan presenta la sua esplorazione di ciò che lei ha definito “la natura sociale del gesto teatrale”mediante la drammatizzazione di eventi reali.
Il video si rivolge alla sdegnata reazione del pubblico di Hartford quando, nel 1943, il Museo Wadsworth produsse il lavoro teatrale inglese, opinabilmente osceno, scritto nel XVII secolo da John Ford ‘Tis a Pity She’s a Fluxus Whore, pièce che narrava la tragica storia d’amore tra una donna e suo fratello.
L’opera della Sullivan, intitolata Tis a Pity She’s a Fluxus Whore è la replica dell’artista dello spettacolo tenutosi nel 1943, con alcune scene girate ad Aachen in Germania – luogo di un festival Fluxus nel 1964 – accanto ad una riproduzione degli happening tedeschi di Fluxus, alcuni dei quali furoni messi in scena proprio ad Hartford. Spetta all’osservatore decidere se le performances sono in egual misura sciocche o serie. Per la Sullivan sono sia l’una che l’altra cosa: alla fine ogni rappresentazione – che sia eseguita da un gruppo militante, da un atttore o da un artista Fluxus – resta per sempre malleabile, non solo nel corpo dell’attore, nelle mani di chi compie il montaggio o nella mente del regista, ma anche negli occhi dello spettatore.

Con Little Hunt, terzo video in mostra, stavolta su monitor, che insieme a Big Hunt compone il suo lavoro più noto Five Economies, la Sullivan tenta di introdurre formalmente il teatro nella sfera della danza. L’ambientazione è un campo di tennis. Una falce, un fucile, una bara, un patibolo, lanterne, una vecchia ruota da carovana, una scrivania Luigi XIV ed un calesse sono solo alcuni degli oggetti con cui interagiscono i due danzatori posti ai due lati della rete. La danzatrice è impegnata in normali esercizi ginnici di allenamento mentre l’uomo è chiaramente un frequentatore di sala da ballo, lo si capisce dai passi molto eleganti che ad un certo punto fa intorno alla bara: per un attimo ci dà l’impressione di una danza con la morte. Le riprese di alcuni dei momenti clou del video sono di un estremo effetto: quelle della scena iniziale sono molto rapide con carrellate di zooms dal basso sulla danzatrice mentre sale e scende dalla forca, molto teatrali quelle del cambiamento continuo tra la luce del giorno e quella della notte. Qui si focalizza la Sullivan che aveva intenzione di enfatizzare la continuità in quanto chiave di lettura nella distinzione tra teatro e cinema, dove, al contrario, molto spesso le scene vengono spezzate nel corso della ripresa.

Giovedì 6 maggio Catherine Sullivan ha tenuto una lecture presso la Domus Academy di Milano.
La mostra è organizzata con il contributo di EPSON ITALIA e Beck’s.
EN Catherine Sullivan
Ice Floes of Franz Joseph Land

Opening: Wednesday, May 5, 2004
May 6 - July 16, 2004
From Tuesday to Saturday, 11am-19pm



Ice Floes of Franz Joseph Land by Catherine Sullivan, her most recent piece showed preview at the latest Biennale de Lyon and recently at the Whitney Biennial, will be exhibited - together with a series of 41 fresh photos - for the first time in a gallery space at Giò Marconi.

The story uses as its point of departure the assault of a terrorist suicide Chechen commandos with belts stuffed with explosive inside the Dubrovka Theater in Moscow in October 2002 who held an estimated 700 people captive before Russian special force troops, fifty-six hours later, stormed in and gassed the building to overthrow the terrorists and rescue the hostages.
In the video Sullivan references the play performed during the attack, Nord Ost, which was based on a classic Russian novel Two Captains, a love and adventure story about real life search for a lost expedition in the Russian Arctic. Set against historical events such as the Bolshevik Revolution and World War II, the novel details the lives of a pilot and his long love, and the development of polar aviation in Russia. It is a patriotic novel with an unknowing affirmation of Russian expansion as progress and one can easily see why a popular musical based on this book would be of symbolic importance to the Chechens.
The ten parts of the novel generated roughly fifty pantomimes like actions, and each actor learned all of them regardless of the character to whom the action belonged. The hope here was to create a system of representational impulses found in musical theatre without having to make a musical.
Very important was for Sullivan to shoot this piece at the Polish American Army Veterans Association in Chicago, Illinois, a kind of multi-purpose social hall with a series of adjacent rooms used mainly by the Polish-American community for various social events. The interior was replete with a compelling combination of nationalistic regalia, military photographs and portraits, and original artworks by local Polish artists from Chicago.
What we see is a series of roughly forty archetypes or costume clichés from the novel as well as the multiple manifestations of Sanya and Katya which are played out over time. For example, the character Katya is seen as a young girl, a sophisticated geologist, digging trenches in Leningrad, and as starving after the siege, but she is manifest through several actresses and several costumes and at times all in the same scene.
There is a group of “insurgents” depicted in the activity who are seen interrupting, coerced into participating, or passing within it. These insurgents do not embody or represent an identifiable ideology, they are simply operating through another set of codes inconsistent with that of the dominant iconography of Two Captains
The pantomimes were either combined into large ensemble scenes or broken into small individual scenes and were then considered as shots which could be distributed throughout the location.
It was an event that struck as a very brutal example of the real confronting the ideal, and a system of combat (terrorism) which appropriates the desires of the dominant class and uses the surpluses of these desires against it.

Insofar as we can consider all of the individuals involved as “representative”, this event drew together participants of a very different order, the Moscow leisure class seeking pleasure and entertainment, and the Chechens using this same spectacle to assert their political demands.
The action and the setting animate one another to such a degree that multiple objects of consideration are generated in each shot, and it is here that the piece departs from the Moscow event into a discussion of regimentation, independence, and brutality that is at the same time broad and specific. The location depicts historical events in both a nationalistic and idealistic way, but it is a war memorial and so the numerous representations of death somehow strangely subvert the heroic grandeur.
The footage plays out over five screens. One screen of a larger size depicts more didactic interpretations of the material from Two Captains. The other four smaller screens depict a series of spin-offs from the large screen in different locations, or suggest the development of the “narrative” of an intervention into a theatrical scene. The roughly fifty actions or pantomimes culled from Two Captains are repeated and re-contextualized through change in setting and recombination of actor and character. Finally they are moved outside and set within a mise-en- scène which does not support their theatricality -- a cornfield and the exterior of an abandoned nightclub near Chicago called Moscow Nights. The total footage plays out through a forty minutes loop on the large screen and twenty minutes loop on the four smaller screens.

In ‘Tis Pity She’s a Fluxus Whore the video addressed the public outrage that occurred in Hartford in 1943 when the Wadsworth produced the arguably unchaste seventeenth century English drama by John Ford ‘Tis Pity She’s a Whore, a play which chronicled the tragic love affair between a woman and her brother. Entitled ‘Tis Pity She’s a Fluxus Whore, Sullivan’s piece presented the artist’s reenactement of the 1943 production, with some scenes shot in Aachen, germany - the site of a 1964 Fluxus festival – alongside a recreation of German Fluxus happenings, some of which were acted out in Hartford.
It’s up to the viewer to decide if performances are equally silly or serious. Sullivan seems to have made up her mind that they are both.

With Little Hunt, third video on show, mounted on monitor, together with Big Hunt forms her most famous work Five Economies. Here Sullivan attempts to introduce theater into the formal sphere of dance. The mise-en-scène is a tennis court. A scythe, a coffin, gallows, lanterns, a busted wagon wheel, a Louis Quatorze style desk and chaise are amongst the many objects with which the dancers interact. The female dancer whose movements are Rainer-esque in their efficacy, is versed in modern training while the male is a ballroom dancer. At one point he elegantly two-steps around the coffin, suggesting a dance with death as opposed to the dance of death. The camera movements are very dramatic. The opening take is a rapid, low level tracking shot that zooms in on the female dancer from below as she stands upon the gallows. There are also takes which dramatically shift in continuity from night to day and from day to night. Sullivan wanted to emphasize continuity as a key feature distinguishing theater from cinema where an actor’s gestures are broken up over takes, further quantifying expression.

On Thursday 6 May 2004 Catherine Sullivan took a lecture at the Domus Academy in Milan.
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