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Inaugurazione: martedì 22 aprile dalle 19:00 alle 21:00
Dal 23 aprile al 24 maggio 2003
Da martedì a sabato, 10-13; 15-19
Dal 23 aprile al 24 maggio 2003 la Galleria Giò Marconi presenta una personale dedicata all’artista americano Paul Pfeiffer. A due anni di distanza da una precedente collettiva nella galleria milanese, Pfeiffer ritorna per presentare alcuni fra i lavori più recenti: i video loop “Caryatid” (2003) e “Live Evil” (2002), le stampe digitali “Four Horseman of the Apocalypse” (2000-2002), la video proiezione “Morning after the Deluge” (2001) che occuperà un’intera parete al primo piano della galleria. Il contesto su cui l’artista agisce è quello della cultura popolare manipolata attraverso il mezzo tecnologico: camuffamenti, alterazioni delle forme e mutilazioni del corpo sono i temi dei suoi video e delle stampe digitali. Pfeiffer interviene sulle immagini con sottrazioni successive di elementi che originariamente le compongono. I suoi soggetti diventano così entità in bilico tra presenza e assenza, precarie figure metafisiche, come i giocatori di basket bloccati nel momento del salto ma a cui è stata sottratta l’immagine della palla.
Sono corpi in perenne evoluzione, che generano figure sdoppiate, come nel video “Live Evil” che, attraverso un meccanismo riflettente, propone l’immagine di un Michael Jackson dimidiato, che a tratti si dissolve e si ricompone in una forma scura, dai contorni non ben definiti. Le sofisticate tecnologie usate da Pfeiffer per i suoi lavori assumono un valore preciso: foriero di una estrema facilità di rappresentazione, il video diventa per l’artista strumento di indagine dei limiti esistenziali dell’essere e mezzo per offrire al nostro sguardo nuove prospettive di visione. Nel video “Morning after the Deluge”, per 22 minuti un sole immobile invade la superficie mentre il cielo attorno assiste ad impercettibili variazioni di colore e toni di luce. Non è l’oggetto in sé ad interessare l’artista quanto la reazione che esso scatena nello spettatore: osservato per breve tempo appare statico come una fotografia, mentre ad uno sguardo più attento ne appaiono le infinitesimali variazioni. L’erosione della figura umana è tema centrale di “Four Horsemen of the Apocalypse”, una serie di stampe digitali realizzate a partire dal 2000 in cui la presenza dell’uomo si fa sempre più esile, fino a diventare pura ombra, forma occulta che implica da parte dello spettatore la rimessa in gioco dei comuni meccanismi di visione. Sempre del 2000 è il video “Caryatid”, esposto al piano terra, dove sul monitor di una TV color argento all’interno di una teca di plexiglass, scorrono le immagini della Stanley Cup – uno dei massimi riconoscimenti del campionato USA di Hockey. La coppa, d’argento appunto, volteggia nell’aria, come sospesa nel vuoto su una folla inneggiante all’interno dello stadio. Il titolo si riferisce ai giocatori, moderne cariatidi che l’artista ha cancellato dall’immagine, lasciandone solo una traccia evanescente. Con il suo lavoro Pfeiffer si inserisce nella tendenza, già in atto da tempo in molta arte contemporanea, di indagine sugli stati estremi di esistenza, percorsi attraverso un meccanismo di sottrazione delle forme, che parte dall’eliminazione del particolare per giungere ad una perdita totale della figura.
Nato a Honolulu nel 1966 Pfeiffer vive e lavora a New York. Dopo gli studi al San Francisco Art Institute e all’Hunter College di New York frequenta l’Indipendent Study Program del Whitney Museum of American Art (1997-98). I suoi lavori sono stati esposti in diverse mostre in America, Europa e Asia. Fra le esposizioni personali ricordiamo il Museum of Contemporary Art di Chicago (2003); la Kunsthaus di Glarus (CH), l’UCLA Hammer Museum di Los Angeles, il Whitney Museum of American Art di New York (2001); la Kunst-Werke di Berlino (2000). Fra le collettive: “As Heavy as the Heavens” a Graz e “The Moderns”, attualmente in corso al Castello di Rivoli (TO). Ha inoltre partecipato alle collettive “Tempo” presso il MoMA di New York, “Miami Currents: Linking Collection and Community” al Miami Museum of Art, “Special Effects Media Art 2002”, Daejeon Municipal Museum of Art, Korea (2002); “The Americans”, Barbican Art Centre, Londra, PS1 Contemporary Art Center, New York, 49ª Biennale di Venezia (2001). Attualmente è artista in residenza presso la “Art Pace Residency”, San Antonio, Texas.
Dal 23 aprile al 24 maggio 2003
Da martedì a sabato, 10-13; 15-19
Dal 23 aprile al 24 maggio 2003 la Galleria Giò Marconi presenta una personale dedicata all’artista americano Paul Pfeiffer. A due anni di distanza da una precedente collettiva nella galleria milanese, Pfeiffer ritorna per presentare alcuni fra i lavori più recenti: i video loop “Caryatid” (2003) e “Live Evil” (2002), le stampe digitali “Four Horseman of the Apocalypse” (2000-2002), la video proiezione “Morning after the Deluge” (2001) che occuperà un’intera parete al primo piano della galleria. Il contesto su cui l’artista agisce è quello della cultura popolare manipolata attraverso il mezzo tecnologico: camuffamenti, alterazioni delle forme e mutilazioni del corpo sono i temi dei suoi video e delle stampe digitali. Pfeiffer interviene sulle immagini con sottrazioni successive di elementi che originariamente le compongono. I suoi soggetti diventano così entità in bilico tra presenza e assenza, precarie figure metafisiche, come i giocatori di basket bloccati nel momento del salto ma a cui è stata sottratta l’immagine della palla.
Sono corpi in perenne evoluzione, che generano figure sdoppiate, come nel video “Live Evil” che, attraverso un meccanismo riflettente, propone l’immagine di un Michael Jackson dimidiato, che a tratti si dissolve e si ricompone in una forma scura, dai contorni non ben definiti. Le sofisticate tecnologie usate da Pfeiffer per i suoi lavori assumono un valore preciso: foriero di una estrema facilità di rappresentazione, il video diventa per l’artista strumento di indagine dei limiti esistenziali dell’essere e mezzo per offrire al nostro sguardo nuove prospettive di visione. Nel video “Morning after the Deluge”, per 22 minuti un sole immobile invade la superficie mentre il cielo attorno assiste ad impercettibili variazioni di colore e toni di luce. Non è l’oggetto in sé ad interessare l’artista quanto la reazione che esso scatena nello spettatore: osservato per breve tempo appare statico come una fotografia, mentre ad uno sguardo più attento ne appaiono le infinitesimali variazioni. L’erosione della figura umana è tema centrale di “Four Horsemen of the Apocalypse”, una serie di stampe digitali realizzate a partire dal 2000 in cui la presenza dell’uomo si fa sempre più esile, fino a diventare pura ombra, forma occulta che implica da parte dello spettatore la rimessa in gioco dei comuni meccanismi di visione. Sempre del 2000 è il video “Caryatid”, esposto al piano terra, dove sul monitor di una TV color argento all’interno di una teca di plexiglass, scorrono le immagini della Stanley Cup – uno dei massimi riconoscimenti del campionato USA di Hockey. La coppa, d’argento appunto, volteggia nell’aria, come sospesa nel vuoto su una folla inneggiante all’interno dello stadio. Il titolo si riferisce ai giocatori, moderne cariatidi che l’artista ha cancellato dall’immagine, lasciandone solo una traccia evanescente. Con il suo lavoro Pfeiffer si inserisce nella tendenza, già in atto da tempo in molta arte contemporanea, di indagine sugli stati estremi di esistenza, percorsi attraverso un meccanismo di sottrazione delle forme, che parte dall’eliminazione del particolare per giungere ad una perdita totale della figura.
Nato a Honolulu nel 1966 Pfeiffer vive e lavora a New York. Dopo gli studi al San Francisco Art Institute e all’Hunter College di New York frequenta l’Indipendent Study Program del Whitney Museum of American Art (1997-98). I suoi lavori sono stati esposti in diverse mostre in America, Europa e Asia. Fra le esposizioni personali ricordiamo il Museum of Contemporary Art di Chicago (2003); la Kunsthaus di Glarus (CH), l’UCLA Hammer Museum di Los Angeles, il Whitney Museum of American Art di New York (2001); la Kunst-Werke di Berlino (2000). Fra le collettive: “As Heavy as the Heavens” a Graz e “The Moderns”, attualmente in corso al Castello di Rivoli (TO). Ha inoltre partecipato alle collettive “Tempo” presso il MoMA di New York, “Miami Currents: Linking Collection and Community” al Miami Museum of Art, “Special Effects Media Art 2002”, Daejeon Municipal Museum of Art, Korea (2002); “The Americans”, Barbican Art Centre, Londra, PS1 Contemporary Art Center, New York, 49ª Biennale di Venezia (2001). Attualmente è artista in residenza presso la “Art Pace Residency”, San Antonio, Texas.