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Inaugurazione: giovedì 7 ottobre 2004 alle ore 19.00
Dall'8 ottobre al 6 novembre 2004
Da martedì a sabato, 10-19
La Galleria Giò Marconi è lieta di ospitare giovedì 7 ottobre 2004 alle ore 19 la collettiva con gli artisti Jonathan Monk e Vibeke Tandberg. Le opere di Jonathan Monk spesso rivelano quanto l’artista si nutra di una forte e pungente vena ironica: usa sottintesi, riferimenti autobiografici, aneddoti quotidiani sovrapposti ai miti della storia dell’arte degli anni ’60 e ’70, del cinema, della letteratura. Una caratteristica rilevante nel lavoro di Monk è la sua tendenza ad esprimersi interagendo con disinvoltura con una svariata gamma di strumenti artistici: le fotografie, i films 16 mm, le proiezioni di testi e di diapositive. Per questa personale The Unrealised Realised realised in Milano Monk presenta un lavoro che trae ispirazione da David Lamelas, pioniero dell’arte concettuale. Durante gli anni ’60 -’70 Lamelas considerava l’arte in quanto mezzo di comunicazione ponendola in relazione con giornali, radio e tv. Attraverso fotografie e installazioni di films l’artista cercava di esprimere quanto il significato si potesse costruire e manipolare attraverso le diverse sequenza del film stesso. In Intervista a Marguerite Dumas nel 1972 Lamelas intervistò l’icona francese riprendendola con una pellicola 16 mm e scattando delle foto con una comune macchina fotografica. Il film, le foto ed il testo dell’intervista furono in seguito esposti insieme. La continuità del film era contrapposta alla discontinuità delle foto. Lamelas aveva progettato di ripetere l’esperimento con una modella ma non riuscì mai a realizzarlo.
Jonathan Monk ha realizzato la prima versione del progetto di Lamelas a Parigi con una modella francese, poi a New York e Londra ed ora a Milano. Il suo disegno prevede la quinta ed ultima versione a Tokyo. Il film, muto, mostra una modella seduta con lo sguardo puntato verso l’obiettivo: non parla, ha solo un ruolo d’immagine. Il film dura 10 minuti durante i quali si vedono i flash della macchina fotografica ad intermittenza, nel momento in cui ogni foto viene scattata. In un certo senso il film documenta le foto e viceversa. Ogni fotografia è stata stampata della stessa misura di Vogue Magazine ed esposta accanto al film proiettato.
Il lavoro dell’artista norvegese Vibeke Tandberg si focalizza sulla sua relazione psico-sociale con il mondo che la circonda. I suoi lavori concettuali toccano in profondità la psicologia e l’emotività del pubblico. L’artista usa la fotografia – per lo più manipolata digitalmente – e il video come mezzi per discutere di identità, di sesso, di bellezza femminile e del suo aspetto stereotipato, di sogni di gioventù, di ambizione, di autorità, usando se stessa come protagonista dei suoi lavori. Le sue foto riflettono il tema dell’identita’ e traggono spunti esistenziali dalle situazioni della vita di tutti i giorni.
Le fotografie della serie Undo ritraggono il corpo dell’artista incinta, in piedi all’interno di un appartamento, vestita con dei semplici boxer e canottiera bianchi e ciascuna foto, in totale sette, documenta le variazioni della sua silhouette dovute alla gravidanza. Dalla rotondità del ventre alla curvatura della schiena passando per la piccolezza delle sue membra, sono tutti i contorni del corpo della Tandberg che sembrano impercettibilmente ondulati tanto che il suo viso si irrigidisce in una sorta di assimetria inquietante. La sobrietà della decorazione, le tonalità beige, così come le modificazioni delle linee di fuga del parquet e delle porte concorrono inoltre a creare un’atmosfera irreale in cui questo corpo portatore di una nuova vita appare in tutto il suo paradossale enigma. Con le opere fotografiche Old Man Going Up and Down a Staircase la Tandberg amplifica il sentimento di estraneità. L’artista in effetti è scivolata nella pelle di un vecchio mentre era alla fine della gravidanza; con il corpo vestito con un abito scuro ed il cranio reso calvo sale e scende le scale di un edificio, con tutte le difficoltà dovute al suo stato fisico. La serie di foto To Leave by Boat conferma il bisogno ricorrente dell’artista di mascherarsi, di estraniarsi: mettendo in scena un personaggio incappucciato la Tandberg perviene in effetti a provocare una possibile rilettura del corpo e delle sue posture, attraverso l’annullamento del volto e di tutte le nozioni di identificazione. In un modo più impegnato il video God Bless America, montato su DVD della durata di due minuti, mostrando l’immagine fissa di George W. Bush, la cui bocca si sovrappone a quella dell’artista fischiettando l’inno americano in modo molto ironico, conferma il gusto della Tandberg per l’ibridazione e la permutazione dei sessi. L’espressione semplice del volto del presidente viene enfatizzata dal fischiettio stonato. Redo è un film 8 mm trasferito su DVD molto breve. Mostra l’artista intenta a mettere delle foglie su di un albero spoglio. Il film è stato fatto con le azioni a ritroso in modo che quando si avvia il filmato all’indietro si ha l’impressione che l’artista metta delle foglie sull’albero. Si tratta di un’azione molto semplice e naturale, quasi un autunno simulato.
Che si tratti del nascituro ancora nascosto nel ventre della madre, o della donna dissimulata dietro al volto del nonno, o di un presidente, sembra infine che nessuno sia semplicemente colui o colei che si pensa di aver percepito.
Jonathan Monk, nato nel 1969 a Leicester, Gran Bretagna, vive e lavora a Berlino. Tra le mostre principali a cui ha preso parte: nel 2003 The Distance Between Me and You alla Lisson Gallery di Londra; The DaimlerChrysler Collection presso ZKM | Museum für Neue Kunst, Karlsruhe; nel 2002 Tableaux Vivants - Living Pictures and Attitudes in Photography, Film, and Video presso Kunsthalle Wien; nel 2001 Nothing in the Main Hall presso Rooseum Center for Contemporary Art, Malmö. Tra le mostre in programma nel 2004: It's All an Illusion. A Sculpture Project presso Migros Museum für Gegenwartskunst, Zurich; Artists´ Favourites - act I presso ICA - Institute of Contemporary Arts, London; Arbeiten auf Papier presso Monika Sprüth Philomene Magers, Munich; Ouroboros The Music Of The Spheres presso CCA - Centre for Contemporary Art, Glasgow. Il progetto The Unrealised Realised è già stato realizzato a New York presso Casey Kaplan Gallery, a Parigi presso Yvon Lambert Gallery e a Londra alla Lisson Gallery.
Vibeke Tandberg, nata nel 1967 a Oslo. Tra le mostre principali a cui ha preso parte: nel 2002 la collettiva Beyond Paradise presso Shanghai Art Museum, e le personali alla Gagosian Gallery, Londra, c/o - Atle Gerhardsen e Martin Klosterfelde a Berlino, e Yvon Lambert a Parigi. Nel 2001 le collettive Interferenze al Palazzo delle Papesse di Siena, A Work in Progress presso New Museum of Contemporary Art, New York, e Museum2 presso Astrup Fearnley Museum of Modern Art, Oslo. Nel 2000 le personali alla Tomio Koyama Gallery, Tokyo e le collettive Organising Freedom. Nordic art of the 90's. presso Moderna Museet, Stockholm e Mechanismus und Ausdruck al Kunstmuseum di Bonn. Tra le mostre in programma nel 2004: Tomio Koyama Gallery, Tokyo, Yvon Lambert New York, New York, e Astrup Fearnley Museum of Cont. Art, Oslo.
La mostra è organizzata in collaborazione con la galleria Sonia Rosso e con il contributo di Beck’s.
Dall'8 ottobre al 6 novembre 2004
Da martedì a sabato, 10-19
La Galleria Giò Marconi è lieta di ospitare giovedì 7 ottobre 2004 alle ore 19 la collettiva con gli artisti Jonathan Monk e Vibeke Tandberg. Le opere di Jonathan Monk spesso rivelano quanto l’artista si nutra di una forte e pungente vena ironica: usa sottintesi, riferimenti autobiografici, aneddoti quotidiani sovrapposti ai miti della storia dell’arte degli anni ’60 e ’70, del cinema, della letteratura. Una caratteristica rilevante nel lavoro di Monk è la sua tendenza ad esprimersi interagendo con disinvoltura con una svariata gamma di strumenti artistici: le fotografie, i films 16 mm, le proiezioni di testi e di diapositive. Per questa personale The Unrealised Realised realised in Milano Monk presenta un lavoro che trae ispirazione da David Lamelas, pioniero dell’arte concettuale. Durante gli anni ’60 -’70 Lamelas considerava l’arte in quanto mezzo di comunicazione ponendola in relazione con giornali, radio e tv. Attraverso fotografie e installazioni di films l’artista cercava di esprimere quanto il significato si potesse costruire e manipolare attraverso le diverse sequenza del film stesso. In Intervista a Marguerite Dumas nel 1972 Lamelas intervistò l’icona francese riprendendola con una pellicola 16 mm e scattando delle foto con una comune macchina fotografica. Il film, le foto ed il testo dell’intervista furono in seguito esposti insieme. La continuità del film era contrapposta alla discontinuità delle foto. Lamelas aveva progettato di ripetere l’esperimento con una modella ma non riuscì mai a realizzarlo.
Jonathan Monk ha realizzato la prima versione del progetto di Lamelas a Parigi con una modella francese, poi a New York e Londra ed ora a Milano. Il suo disegno prevede la quinta ed ultima versione a Tokyo. Il film, muto, mostra una modella seduta con lo sguardo puntato verso l’obiettivo: non parla, ha solo un ruolo d’immagine. Il film dura 10 minuti durante i quali si vedono i flash della macchina fotografica ad intermittenza, nel momento in cui ogni foto viene scattata. In un certo senso il film documenta le foto e viceversa. Ogni fotografia è stata stampata della stessa misura di Vogue Magazine ed esposta accanto al film proiettato.
Il lavoro dell’artista norvegese Vibeke Tandberg si focalizza sulla sua relazione psico-sociale con il mondo che la circonda. I suoi lavori concettuali toccano in profondità la psicologia e l’emotività del pubblico. L’artista usa la fotografia – per lo più manipolata digitalmente – e il video come mezzi per discutere di identità, di sesso, di bellezza femminile e del suo aspetto stereotipato, di sogni di gioventù, di ambizione, di autorità, usando se stessa come protagonista dei suoi lavori. Le sue foto riflettono il tema dell’identita’ e traggono spunti esistenziali dalle situazioni della vita di tutti i giorni.
Le fotografie della serie Undo ritraggono il corpo dell’artista incinta, in piedi all’interno di un appartamento, vestita con dei semplici boxer e canottiera bianchi e ciascuna foto, in totale sette, documenta le variazioni della sua silhouette dovute alla gravidanza. Dalla rotondità del ventre alla curvatura della schiena passando per la piccolezza delle sue membra, sono tutti i contorni del corpo della Tandberg che sembrano impercettibilmente ondulati tanto che il suo viso si irrigidisce in una sorta di assimetria inquietante. La sobrietà della decorazione, le tonalità beige, così come le modificazioni delle linee di fuga del parquet e delle porte concorrono inoltre a creare un’atmosfera irreale in cui questo corpo portatore di una nuova vita appare in tutto il suo paradossale enigma. Con le opere fotografiche Old Man Going Up and Down a Staircase la Tandberg amplifica il sentimento di estraneità. L’artista in effetti è scivolata nella pelle di un vecchio mentre era alla fine della gravidanza; con il corpo vestito con un abito scuro ed il cranio reso calvo sale e scende le scale di un edificio, con tutte le difficoltà dovute al suo stato fisico. La serie di foto To Leave by Boat conferma il bisogno ricorrente dell’artista di mascherarsi, di estraniarsi: mettendo in scena un personaggio incappucciato la Tandberg perviene in effetti a provocare una possibile rilettura del corpo e delle sue posture, attraverso l’annullamento del volto e di tutte le nozioni di identificazione. In un modo più impegnato il video God Bless America, montato su DVD della durata di due minuti, mostrando l’immagine fissa di George W. Bush, la cui bocca si sovrappone a quella dell’artista fischiettando l’inno americano in modo molto ironico, conferma il gusto della Tandberg per l’ibridazione e la permutazione dei sessi. L’espressione semplice del volto del presidente viene enfatizzata dal fischiettio stonato. Redo è un film 8 mm trasferito su DVD molto breve. Mostra l’artista intenta a mettere delle foglie su di un albero spoglio. Il film è stato fatto con le azioni a ritroso in modo che quando si avvia il filmato all’indietro si ha l’impressione che l’artista metta delle foglie sull’albero. Si tratta di un’azione molto semplice e naturale, quasi un autunno simulato.
Che si tratti del nascituro ancora nascosto nel ventre della madre, o della donna dissimulata dietro al volto del nonno, o di un presidente, sembra infine che nessuno sia semplicemente colui o colei che si pensa di aver percepito.
Jonathan Monk, nato nel 1969 a Leicester, Gran Bretagna, vive e lavora a Berlino. Tra le mostre principali a cui ha preso parte: nel 2003 The Distance Between Me and You alla Lisson Gallery di Londra; The DaimlerChrysler Collection presso ZKM | Museum für Neue Kunst, Karlsruhe; nel 2002 Tableaux Vivants - Living Pictures and Attitudes in Photography, Film, and Video presso Kunsthalle Wien; nel 2001 Nothing in the Main Hall presso Rooseum Center for Contemporary Art, Malmö. Tra le mostre in programma nel 2004: It's All an Illusion. A Sculpture Project presso Migros Museum für Gegenwartskunst, Zurich; Artists´ Favourites - act I presso ICA - Institute of Contemporary Arts, London; Arbeiten auf Papier presso Monika Sprüth Philomene Magers, Munich; Ouroboros The Music Of The Spheres presso CCA - Centre for Contemporary Art, Glasgow. Il progetto The Unrealised Realised è già stato realizzato a New York presso Casey Kaplan Gallery, a Parigi presso Yvon Lambert Gallery e a Londra alla Lisson Gallery.
Vibeke Tandberg, nata nel 1967 a Oslo. Tra le mostre principali a cui ha preso parte: nel 2002 la collettiva Beyond Paradise presso Shanghai Art Museum, e le personali alla Gagosian Gallery, Londra, c/o - Atle Gerhardsen e Martin Klosterfelde a Berlino, e Yvon Lambert a Parigi. Nel 2001 le collettive Interferenze al Palazzo delle Papesse di Siena, A Work in Progress presso New Museum of Contemporary Art, New York, e Museum2 presso Astrup Fearnley Museum of Modern Art, Oslo. Nel 2000 le personali alla Tomio Koyama Gallery, Tokyo e le collettive Organising Freedom. Nordic art of the 90's. presso Moderna Museet, Stockholm e Mechanismus und Ausdruck al Kunstmuseum di Bonn. Tra le mostre in programma nel 2004: Tomio Koyama Gallery, Tokyo, Yvon Lambert New York, New York, e Astrup Fearnley Museum of Cont. Art, Oslo.
La mostra è organizzata in collaborazione con la galleria Sonia Rosso e con il contributo di Beck’s.